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Ad Affori l’italiano si impara in versi

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“Non leggiamo o scriviamo poesie perché è carino. Leggiamo e scriviamo poesie perché facciamo parte della razza umana. E la razza umana è colma di passione…”. Diceva così ai suoi studenti il “professor Keating”, ovvero Robin Williams, nel film premio Oscar L’Attimo Fuggente. Da Hollywood, a Milano: nel quartiere Affori c’è qualcuno che ha pensato di usare la poesia per promuovere l’integrazione fra giovani e donne di diverse culture.

“Perché a tutte le latitudini i valori che ci rendono parte del genere umano sono gli stessi: l’amore per il proprio compagno o fra genitori e figli, il legame con la propria terra, la ricerca dell’infinito, del divino, eccetera. E in tutte le culture ci sono poesie o racconti che parlano di questi temi”.

A spiegarlo è Franca Longhi, ex insegnante di lettere e fondatrice della scuola “Italiano e oltre”, che ha sede nell’oratorio Santa Giustina a Affori e che accoglie, ogni anno, circa 70 allieve di quindici nazionalità diverse. Nei mesi scorsi, alcune di queste donne hanno scritto delle poesie nelle loro lingue e le hanno recitate in classe agli studenti di alcune scuole del quartiere. Gli alunni hanno letto la traduzione e tutti insieme hanno discusso. E così sono nate amicizie e relazioni che prima non esistevano.

Le stesse donne che prima passavano frettolose per strada senza essere neppure notate, oggi vengono riconosciute e salutate ad alta voce dai ragazzi.

“La poesia, insomma, è diventata uno strumento di promozione sociale” spiega Christian Elevati di Intervita. La onlus, che opera nei paesi in via di sviluppo, da anni ha avviato programmi per la promozione e la tutela dei diritti di donne e bambini anche nei quartieri ad alta densità di immigrazione in Italia. Ad Affori, Intervita, da due anni a questa parte, promuove insieme all’Istituto comprensivo Don Orione e a Anteas Cisl il progetto “Insieme è possibile”, cofinanziato dalla Fondazione Cariplo. Il sostegno alla scuola d’italiano è soltanto un aspetto. “Nei quartieri ad alta densità d’immigrazione nascono spontaneamente molte iniziative nel segno dell’intercultura, ma se non c’è un coordinamento si rischia una dispersione oppure che più realtà facciano la stessa cosa. Noi abbiamo cercato di rafforzare e mettere in rete le varie esperienze in corso” spiega Elevati.

Dalla scuola “Italiano… e oltre” passano ogni anno circa 70 donne di quindici nazionalità diverse. “L’utenza però è cambiata molto in questi anni – spiega la fondatrice, che oggi è affiancata da altre quattro volontarie, tutte insegnanti – Agli inizi si trattava di donne sole, spesso senza il permesso di soggiorno, insomma persone in difficoltà. Invece oggi si tratta principalmente di madri, oppure di donne laureate in cerca di lavoro o sistemazione”. Nel corso un grande ruolo ha il confronto fra le varie culture. Prima della lezione vera e propria, in cui si imparano gli elementi grammaticali e la conversazione, le donne si ritrovano, tutte insieme, a parlare di un tema. Non vengono divise per nazionalità né per padronanza linguistica. “Anzi, se qualcuna fa fatica a esprimersi, c’è sempre qualcuno pronto a fare da mediatore” spiega la Longhi.

“Si parla di famiglia, di lavoro, della storia di ciascuna. E poi in classe lavoriamo molto su materiali tratti dalla vita quotidiana: usiamo foto scattate in città, dialoghi tratti da trasmissioni televisive, articoli di giornale, eccetera”.

Il laboratorio di scrittura di poesie, invece, è partito cinque anni fa. Ines, egiziana, in Italia da 10 ann, frequenta il corso d’italiano da otto anni. In Egitto faceva l’insegnante alle scuole elementari, qui invece è casalinga e bada ai suoi figli: una bambina che va alla scuola primaria e un maschietto, alla scuola materna. Suo marito lavora come aiuto cuoco in un ristorante sui Navigli.

“Il corso mi ha aiutato molto. Ora il mio italiano non è perfetto, ma parlo meglio. E poi ho potuto stringere amicizie e parlare con altre donne di famiglia e lavoro. È un’esperienza che consiglierei a tutte – racconta -. Vivere a Milano mi piace, soprattutto per la cultura e l’eleganza della gente. Questa è la città della moda e quando sono arrivata amavo girare per vedere i luoghi più importanti come il Duomo, i Navigli e naturalmente i negozi in centro. I miei figli cresceranno qui”.


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